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Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno

Disegno di Filippo Rossi Jedifil: Batman ne Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno di Christopher Nolan supereroi

Il Cavaliere Oscuro ascende!

analisi di Filippo "Jedifil" Rossi, scritta nell'estate del 2012

“The Dark Knight Rises” di Christopher Nolan, 20 luglio 2012 (Trilogia Dark Knight #3)…

Ossia: ecco perché cadiamo, Bruce. Per l’ascesa (alla leggenda).

Chris Nolan/David Goyer/Christian Bale 2005: ho adorato alla follia il rinnovamento filologico del mito in “Batman Begins” (BB); l’inedito rapporto tra Bruce Wayne e Ra’s al Ghul, allievo/maestro in salsa dark starwarsiana, era stata una variazione narrativa azzeccatissima. Chris Nolan/David Goyer/Christian Bale 2008: ne “Il Cavaliere Oscuro” (“The Dark Knight”, TDK) ho rispettato la portata assoluta del film ma odiato l’esagerazione drammaturgica e l’interpretazione del personaggio Wayne/Batman; l’avevo trovato un bel passo, ma indietro.

Chris Nolan/David Goyer/Christian Bale 2012: ora questo terzo e ultimo “Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno” (“The Dark Knight Rises”, TDKR) è pazzesco. Riesce a fondere il rispetto e la reinterpretazione delle fonti fumettistiche del primo episodio con l’ambizione spropositata del secondo; il ritmo lucido e coerente del primo episodio con la potenza realistico-visionaria del secondo. Si crea un nuovo tipo di Bat-film: emozionante ed esaltante, fedele alle fonti canoniche, personale nella revisione post-moderna e umanissimo nello spessore dell’impianto. La potenza, quasi fisica, dell’opera è stordente. Si tratta di un capolavoro dell’epica moderna, dedicato al Supereroe più popolare, che nobilita il Genere e che, come se non bastasse, fa pure sfaceli al box office.

Ecco a voi “The Batman”: Christopher Nolan e Christian Bale ci fanno capire perché questo sia il personaggio più amato della fiction moderna.

 

SULL’ESPERIENZA IMAX

 

L’IMAX merita un piccolo capitolo a parte. In un’era cinematografica dominata dal solito pubblicizzatissimo/strombazzatissimo 3D, con i suoi alti (pochi e cameroniani) e bassi (tanti e artificiosi) picchi espressivi, ecco che l’esperienza firmata Christopher Nolan dell’IMAX sfonda il muro dell’umanamente visibile. Per questo film sono entrato per la prima volta in una sala di questo tipo – tra i più grandi e panoramici del mondo, a Sydney (Australia). Ero molto preoccupato nell’assistere a un film così complesso abbarbicato in verticale di fronte a un grand(issimo) schermo più vasto del raggio visivo dei miei occhi. Sono bastati pochi minuti per immergermi in un racconto per immagini e suoni più vero del vero, avvolgente e scioccante. L’immersione è stata totale, senza occhialini ingombranti che oscurano i colori della visione. L’andare al cinema assume un nuovo significato.

 

SULLA BAT-TRILOGIA NOLANIANA

 

Episodio III TDKR elegantemente riaggancia e amplia la linea di Episodio I BB e mette in discussione (sia come film oggettivo, che come presupposti narrativi) la variazione/evoluzione di Episodio II TDK. In ogni caso in questo terzo film c’è finalmente il miglior Batman, a oggi, del grande schermo: ci sono voluti tre film, ma Nolan c’è arrivato in una trilogia mozzafiato - solo il Lord of the Rings di Peter Jackson è paragonabile.

Da un certo punto di vista rimane un rammarico: BB era perfetto come inizio della vicenda del Supereroe; in seguito abbiamo “sprecato” un film centrale sul Batman in azione, maturo e determinato - anche se TDK assume nuova luce nel percorso fragile di Bruce verso la maturità supereroica di Rises. “Il Cavaliere Oscuro” ha avuto problemi oggettivi sia di trama che di coerenza batmaniana - questi ultimi poi inquadrati e perdonati nella trilogia grazie a questo ultimo film. TDKR è un capolavoro perfetto, ambizioso e definitivo, che…

In primo luogo sta in piedi da solo (!).

In secondo luogo si aggancia in modo raffinato a BB e inquadra una macro-trama ultra-ciclopica - come era già a suo modo ciclopico il piano pluri-secolare di Ra’s al Ghul/Liam Neeson, qui portato a compimento dai terribili e vendicativi “eredi” in maniera assolutamente radicale, senza più quelle sottigliezze politiche e psicologiche tipiche di una mente superiore.

In terzo luogo, addirittura, ripara i problemi del secondo capitolo, sfruttando e portando a compimento i presupposti del suo finale tragico - quel Batman fuggiasco che portava la croce del fallimento di Harvey Dent.

Si arriva a creare una grande opera in tre atti sul concetto di “dare l’esempio”, primo dovere di ogni buon (Super)eroe che si rispetti. Gli unici reali problemi della straordinaria Bat-trilogia del Cavaliere Oscuro, a ben vedere, rimangono il cambio di attrice per l’importante personaggio di Rachel tra film 1 e film 2 (che comporta, purtroppo, un cambio notevole di interpretazione e una resa narrativa a scadere) e la sparizione di un clamorosamente efficace Joker tra film 2 e film 3 (dovuta a fattori reali legati al destino delle persone, non miti del cinema ma uomini e donne tragicamente normali).

 

SULLA TRAMA DELL’ASCESA

 

La trama di TDKR è complessa e ambiziosa, ovviamente contorta ma lineare e lampante. E assolutamente senza buchi, errori o artificiosità di sceneggiatura (a differenza del secondo episodio). Ci sono, questo sì, salti cronologici che non sono però salti logici: sono semplicemente da un lato sfide al cervello e all’attenzione dello spettatore; dall’altro metodi cinematografici per mantenere un ritmo velocissimo, sempre più frenetico, in incredibile crescendo. Nessun buco, solo accelerazioni temporali nel racconto per non perdere tempo in passaggi minori. Obiettivo: mantenere il ritmo, concetto basilare di ogni opera filmica che si definisca tale; e sfidare uno spettatore finalmente ritenuto, dagli Studios di Hollywood, un essere organico dotato di cervello e cuore.

Apro una parentesi sull’ellissi del ritorno finale di Bat-Bruce nella Gotham assediata, uscito spoglio dal buco-prigione di Bane. Vi ammetto una piccola forzatura, che non mi disturba. Preferisco la tenuta del ritmo a sequenze troppo esplicative. In ogni caso, è “in personaggio” poiché rafforza il concetto, latitante in film 2, della genialità preveggente e strategica dell’eroe, che lo rende apparentemente “super”, “divino”. Quindi, porta a una sua entrata in scena (l’ennesima in questo film) letteralmente epica.

Allo stesso tempo, nel film domina il dettaglio, una cura maniacale delle sfumature di scrittura che ha come unico fine quello della definizione dei (tanti, grazie a dio) personaggi. Ad esempio: Nolan & Goyer si concentrano per chiarire nello script la volontà del super-protagonista di non uccidere; sottolineata in più scene tra Batman e il suo opposto Selina Kyle o quando, una volta liberatosi, Bruce getta la corda nel pozzo per liberare i prigionieri. Al contrario, il lavoro sui dettagli del killer Bane di Tom Hardy è impressionante, dai numerosi atteggiamenti fisici di stampo pugilistico a un monologo cerebrale rabbrividente sulla maledizione/punizione spietata dei privilegi.

Abbiamo nel frattempo miriadi di personaggi inquadrati alla perfezione e concatenati tra loro… Dominati dal fortissimo protagonista, che viene sballottato qua e là come un fantoccio, la cui storia (il cui destino) prende forma e si solleva (“rises”) faticosamente in un crescendo veloce e controllato; e che infine si astrae nel commovente epitaffio – più, in aggiunta, un esaltante epilogo.

Tutto ciò dopo aver visto un nuova Bestia, in versione oscuro vampiro miliardario, chiusa a marcire nel suo castello di dolore e auto-condanna; concupita da ben due Belle molto differenti tra loro, eppure entrambe sotto il segno basilare e simbolico della maschera. In seguito, una megalopoli occidentale di dodici milioni di anime massacrata, tenuta in ostaggio dalla masnada di terroristi e assediata dal resto della nazione. Quindi, la finta rivoluzione sociale anti-ricchi di un martire kamikaze che illude i civili per poi invece sterminarli tutti. Inoltre, una drammatica e serrata partita a scacchi umani per le strade e le piazze cittadine con annesso conto alla rovescia.

 

SUL FINALE E SULLA LEGGENDA

 

Il finale è puro Mito Batman, nei fumetti da sempre giocato sull’eredità dell’umano, mortale Uomo Pipistrello Bruce Wayne. Che a indossare il mantello e il cappuccio siano il classico Dick Grayson, ex-Robin 1 e neo-Nightwing; o il Robin 3 Tim Drake; o Jean-Paul Valley “Azrael”; o nel futuro Terry McGinnis (“Batman Beyond”), o lo stesso Damian Wayne, figlio di Bruce e Talia… Il Cavaliere Oscuro è immortale. L’interpretazione di Nolan & Goyer, qui, riesce nuovamente a essere inedita ma fedele al concept originale.

Nella veloce, magnifica sequenza finale si inizia con la chiusura tragica tipo “s2ad end”: appaiono Alfred, Gordon, Blake e Fox in lacrime sulle tombe dell’intera famiglia Wayne - evidentemente Bruce è stato dato per morto nella rivoluzione cittadina. Vediamo l’impressionante statua celebrativa del sacrificio atomico batmaniano, solido e nero esempio perpetuo per i cittadini di Gotham City. Assistiamo alla triste suddivisione dell’eredità Wayne, con aiuti al padre putativo Alfred e all’intera cittadinanza più debole (i sempre presenti, assolutamente dickensiani orfani)…

Ma ecco il primo indizio, di tanti, per un luminoso happy end, che coinvolge magicamente tutti i principali attori della vicenda. Villa Wayne “non deve essere modificata” e manca la famigerata e ancestrale collana di perle di Martha Wayne, quella rubata all’inizio da Selina. Jim Gordon trova a sorpresa un nuovo Bat-segnale sul tetto della stazione di polizia e cerca nel cielo, ancora, il suo amico Bats. Lucius Fox viene a sapere che il Bat-wing è stato dotato dell’autopilota: ovviamente da Bruce Wayne, e ovviamente sei mesi prima. Alfred è a Firenze, come faceva un tempo quando Bruce era latitante nel mondo, e ritrova il suo amico/“figlio” vivo e vegeto, e finalmente felice, con Selina Kyle. L’orfano adottato John Blake, il cui secondo (vero) nome è Robin, grazie alle indicazioni di “un benefattore” trova la Bat-caverna…

E ricomincia così l’infinita leggenda del Crociato Mascherato. Il Cavaliere Oscuro è immortale. Chi ama Batman, il Mito e il Cinema non può non amare queste cose.

 

SUI PERSONAGGI, BUONI E CATTIVI

 

Migliore tra i migliori: la Miranda Tate della bellissima Marion Cotillard. Sapevo della sua ambiguità, sapevo di un possibile legame con il Ra’s al Ghul del primo film, sapevo della probabile apparizione della stessa Talia Head/al Ghul... ma la sorpresa è stata assoluta. Interpretazione e regia l’hanno gestita perfettamente, facendo passare il personaggio dalla necessaria speranza per il sempre (più) umano Bruce Wayne e per la stessa Gotham City (un po’ come l’Harvey Dent di TDK: sia a livello privato che civile, sia amoroso che politico) a quel super-villain femminile, femminilmente apocalittico, che tanto fa bene all’Action moderno – e allo stesso eroe Batman.

Gli autori hanno messo nel film tantissimo di batmaniano; tantissimo anche di non-batmaniano e, meglio ancora, di oltre-batmaniano. Ad esempio, la magica notte d’amore tra Bruce e Miranda/Talia: avrebbe potuto dare alla luce il figlio fumettistico dei due, Damian. Poi, in originale “Robin” è il secondo nome legale di Blake: John Robin Blake, alias il nome adottivo dell’orfano; il nome originale del bambino perduto non viene mai rivelato e potrebbe essere benissimo… Dick Grayson.

Citazione conseguente e necessaria per il John R. Blake di Joseph Gordon-Levitt. Il suo magnifico giovane detective (impossibile non amarlo) capisce che Bruce è Bats perché è un investigatore di talento in empatia immediata con il miliardario orfano, e fa due più due come potrebbe fare chiunque in una megalopoli moderna e reale. Non esiste più Don Diego de la Vega e Zorro irriconoscibili, nel mondo moderno. E tanti saluti a Lois Lane! Scena tra l’altro emozionante e centrale nell’economia non solo del film 3 ma dell’intera trilogia. Blake “Robin” è un ragazzo umile ma intraprendente, sveglio e intuitivo (più di tutti fin dall’inizio), con le stesse motivazioni e il medesimo background di Bruce, con la medesima determinazione e lo stesso idealismo di Batman. In effetti la sua cieca fiducia nel Supereroe bilancia all’istante la fanatica fede nel Male distruttivo del carrarmato Bane. Co-protagonista del film è quindi Blake, nel modo più assoluto: capisce, condivide e agevola l’eroe titolare in un percorso di formazione preciso e completo, che giustamente termina (inizia) tra i pipistrelli scatenati della Caverna - proprio come succedeva al compare in BB!

Il senso di tragedia imminente della prima parte è incanalato anche e soprattutto dai personaggi di contorno: ovviamente in primis l’antagonista Bane, che porta in città un bagaglio terrificante di dolore e rabbia paragonabile a quella dello stesso Bruce in BB - ma qua Tom Hardy è ben altrimenti pronto a radere al suolo ogni cosa e ridurre tutto “in... cenere”. Poi, le lacrime strazianti di Michael “Alfred” Caine in un ruolo mai così paterno; o il terribile senso di colpa portato con elegante e letale precisione dal sempre perfetto Jim Gordon di Gary Oldman. Cito il ruolo inedito del bel poliziotto di Matthew Modine, il credibilissimo vicecommissario Peter Foley.

 

SU CATWOMAN

 

E arriviamo alla scassinatrice Gatta Selina Kyle, alias la superba Anne Hathaway: pericolosa a livello fisico, intrigante mentalmente e soprattutto, e giustamente, sexy. La cui ricerca di una possibilità di ricominciare, e quindi di redenzione, è terribilmente simmetrica a quella del protagonista Bruce. In ogni caso Selina riesce stupendamente a distinguersi, a rimanere ambigua e, così, vincente. Prima, nel porre ostacoli a chiunque - spaventata come un gatto in trappola, artiglia tutto e tutti pur di rimanere in vita; infine (correndo tra i vicoli a terra, mentre il Pipistrello è in volo), nel chiudere una vicenda più grande di lei ma della quale lei ha innescato l’ultimo capitolo. E della quale lei è il cuore.

Selina Kyle è il personaggio, con Bruce Wayne, che si evolve di più in Rises.

All’inizio è una cleptomane tutta presa dalla necessaria pulizia della sua fedina penale per andarsene dalla fogna di Gotham – ossia: l’egoismo. Poi Batman le fa capire che esiste qualcosa di più di “io” e lei si sacrifica eroicamente... riconoscente e redenta, si innamora del suo mentore riconoscendone la simmetria caratteriale e di destino. Pur con tutta l’ambiguità morale che la distingue - ossia: la praticità sbrigativa del “fine che giustifica i mezzi”, qualcosa che la rende dannata comunque. Questa interessante Selina, alla fine, matura ma è ben lungi dalla maturità, anche con Bruce sotto il sole di Firenze.

 

SU THE BATMAN

 

Ma l’eroe è uno solo. E, qui, mai così Super.

È IL Batman.

Nel film di Nolan in originale il giustiziere protagonista viene chiamato così, come nei primi comics del 1939. “The” Batman. Però, finalmente, qui appare il “vero” Batman, quello immenso e morale ridefinito nei fumetti moderni: un investigatore e inventore geniale e paranoico (quanti passi avanti rispetto alla bella scena della rete segreta di cellulari in TDK?), che scolpisce e sforza il proprio corpo e la propria mente ai limiti dell’umano; che sfrutta, filantropicamente e a ogni livello, i suoi soldi e la sua fortuna per fare quello che tutti gli altri non possono; la cui dirittura etica è incrollabile e, questa sì, inumana; che, in modo esemplare, sacrifica tutto e tutti per la sua idea di salvezza civile e compassione. In TDKR i commenti a tal proposito di Alfred, Fox, Miranda e, soprattutto, Selina sono puntuali e lampanti.

La fissazione mentale di Bruce Wayne è stata cementata nei comics più belli del mondo da quasi ottant’anni: qui è merito del solo e unico Christian Bale, della sua recitazione dimessa ma sicura, piegata ma piena di anima e indistruttibile, se siamo ancora ad avere a cuore un uomo nato nel privilegio ma per sempre intrappolato nella sua prigione personale.

In realtà il “vero” Batman appare nella seconda parte finale dell’ultimo terzo film di Nolan, quando viene gettato, quasi spezzato in due, nel pozzo-prigione di Bane e vi rinasce (come era nato nel pseudo-“pozzo di Lazzaro” di Ra’s in BB). Lì, l’ancora fallace eroe, apprendista stregone tuttora legato alla vita di chi gli è a cuore, “muore” (quando si getta senza corda) e, nel volo epico dei pipistrelli, assurge (“rises”) al rango di genio sicuro di sé, stratega dagli infiniti piani di riserva. Che ha da ultimo imparato a sacrificare tutto, compreso se stesso, per un’idea benigna.

Bruce Wayne si stacca dai legacci terrestri e impara a essere (Super)eroe, diventando così quella leggenda ispiratrice accennata nel primo capitolo. Ma questo gesto inumano, superumano, non significa l’umana fine. Non c’è mai fine.

Quando c’è il Cavaliere Oscuro di mezzo, c’è sempre un piano B - il “piano Batman”.

Articolo pubblicato su Living Force Magazine #36, Yavin 4, autunno 2012

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