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Il Cavaliere Oscuro

Disegno di Filippo Rossi Jedifil: il Joker ne Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan supereroi

Cavaliere… al buio

analisi di Filippo "Jedifil" Rossi, scritta nell'estate del 2008

“The Dark Knight” di Christopher Nolan, 18 luglio 2008 (Trilogia Dark Knight #2)...

“Il Cavaliere Oscuro” di Nolan è una vaga delusione cinematografica, ma essendo un Bat-fan la delusione è per me grossa. Un film importante, molto teso ed estremamente ambizioso, ma anche troppo confuso e superficiale e con un personaggio centrale… scentrato.

 

INTRO. DISCLAIMER PERSONALE!

 

So di andare contro la stragrande maggioranza, me ne dispiace sinceramente; come sono sinceramente contento dell’enorme successo della pellicola, che non può che essere fecondo. Da questo film, da Christopher Nolan e da Batman mi aspettavo davvero moltissimo. Nelle prossime numerose righe scriverò tante peste e corna personali, anche sarcastiche, dedicate a un film per me mediocre ma non certo “cagata pazzesca”, anzi: rimane un’opera davvero coraggiosa e problematica. Nonostante tutto, importante. Leggete pure se avete voglia, ma ora lo sapete cosa leggerete e poi non arrabbiatevi troppo!

Se c’è una cosa che mi fa star male è, dopo una tale Bat-speranza, ridurmi a scrivere pensieri brutti su questo progetto e su questo regista, autore di film che mi sono tutti piaciuti. Mi fa stare ancora peggio scrivere pensieri brutti su questa figura che amo intensamente dal 1986, mia lettura decisiva del vero e unico “Cavaliere Oscuro”, quello a fumetti di Frank Miller; e, al cinema, dal 1989 Bat-burtoniano, l’anno del mio primo innamoramento filmico. Poiché per Guerre Stellari ebbi un’infatuazione bambinesca avvolta nelle nebbie dell’incoscienza, poi lentamente maturata nel tempo. Il Batman di Tim Burton lo vidi invece tre volte di seguito il primo giorno di programmazione, e altre due il giorno dopo; avevo 18 anni e di Burton non sapevo nulla, ma del Bats a fumetti già molto.

 

1. DALLE STELLE TIBETANE ALLE STALLE OSCURE

 

In due parole? Film sbagliato, con idee magnifiche e radicali rovinate da uno sviluppo sia lacunoso che trascurato.

In questo “Fabbro Oscuro” 2008 (l’aggettivo inteso come “dal significato incomprensibile”) ci sono cose molto belle, che mi hanno tenuto legato alla poltrona (quando un Batman scatenato e incazzato parte in azione, picchiando come appunto un fabbro col martello, è OK), anche divertenti e geniali (Bruce Wayne che si porta via l’intero corpo di balletto russo per organizzare una sortita estera, con le magnifiche battute pseudo-omo del notoriamente “ambiguo” Alfred); ma tante, troppe forzature. Sia nella trama, sia nel gioco dei personaggi. Cose poco credibili sia nella forma, in primis, e poi anche nella sostanza.

Nella prima parte, che mi è piaciuta di più, il ritmo è incalzante e tende a coprire magagne di scrittura che comunque si notano; e che, purtroppo, saltano tutte agli occhi, evidenti, nella seconda parte, che si fa oltre tutto eccessiva. Il termine che mi viene da usare per bollare l’opera è “superficiale”. Ma mi rendo sempre più conto che sarebbe da usare non solo per il film in sé, ma anche per quello che vorrebbe dire. Miliardi e miliardi di intuizioni valide, un elefante tipo Mûmakil di idee originali e coraggiose, che naufragano in una sciatteria di resa formale. E, diciamolo pure, ironia zero.

 

2. CHI PIÙ NE HA PIÙ NE FRULLI

 

Uno script sovrabbondante e allo stesso tempo deficitario; pieno di quelli che ho trovato buchi pazzeschi nelle numerose svolte di trama. Per costruire alla fine un film troppo lungo, più volte incomprensibile, inutilmente slagagnato e tirato; che diventa estenuante, fastidioso.

Infarcito fino a scoppiare delle solite scene madri di “confronto a due” - scena che in “Heat” di Michael Mann era una sola, tra DeNiro e Pacino, e durava cinque minuti, diventando da manuale del cinema perché controllata, trattenuta, sintetica. Esempio: a parte che Due Facce sarebbe già Due Facce dopo la morte di Rachel Dawes, per disperazione; a che serve il Joker nel suo ospedale a cavalcioni sul letto sepolcrale di Harvey Dent? Lì il Joker non fa cadere Dent, che è già caduto, ma interpreta un artificioso burattinaio di Due Facce dandogli ordini dementi diretti: “Fa’ questo perché io sono il Joker e tu devi diventare un assassino per compiere il mio mega-piano, ché è scritto così dai Nolan bros.” - e il messaggio (interessante) viene rovinato dall’esagerazione. Ecco: dire troppo, mostrare troppo, descrivere troppo, parlare anche di più. Un elefante zavorrato da miliardi di cose incollate lì. Ridondante è un’altra parola. Altro che l’elegante sintesi di “Batman Begins”. Questo sequel è troppo didascalico, predicante. E poi, tra tutti questi monologhi che vogliono rivelare ogni volta i segreti dell’universo, è un film incredibilmente non approfondito. Paradossalmente, ma nemmeno tanto, risulta ai miei occhi come incompiuto.

“Batman Begins” è proprio su un altro pianeta. E il buon “Iron Man” anche, nella sua ironica, disincantata linearità: il vecchio Tony Stark di Robert Downey Jnr. lo trovo più riuscito, spiazzante e destabilizzante. Là, con John Favreau alla regia, non ci si prende troppo sul serio e si sta onesti e precisi, pur mostrando cose sia visive (l’hi-tech) che concettuali (uno stronzo che fa il supereroe) mai viste sul grande schermo. Qua si vuole fare il più grande Action/cop Noir Hard-boiled Gangster Chase movie della storia (il che va anche bene, amo chi vuole conquistare la Luna con un razzo a fatto in casa), più un trattato universitario manifesto socio-politico di filosofia morale in forma di kolossal hollywoodiano (il che mi puzza già un po’), tutto mescolato e frullato e allungato insieme (il che mi getta fuori fiction). Nolan ha voluto fare troppo, ed è andato in corto circuito: il risultato l’ho trovato discontinuo e irrisolto. O mi fai un film Fantastico, o un film iperrealistico: un regista deve saper decidere il taglio da dare all’opera.

 

3. AL VERTICE MAFIOSO CON LE BOMBE A MANO NELLA GIACCA

 

Il realismo, che nostalgia.

Quello di “Batman Begins”, con Nolan che trasformava la Bat-mobile anni ’60 cromata e coi razzi sul didietro in un letale, sorprendente, perfetto carrarmato Tumbler che passava sopra gli ostacoli, come Batman passava sopra la sua stessa vita, per raggiungere l'obiettivo. Eh? Facciamola ora spezzare in due come Supercar Gattigher (o la Bat-mobile visionaria, gotica, cartoon di Burton, che era giustissima nel circense “Batman Returns” e se andava via allegra su due ruote) per farla diventare una Bat-motoretta... con le ruote larghe due metri che non possono fisicamente sterzare e Batman che pare ridicolo a piegare il sedere, e spostare il peso come il leggero Valentino Rossi, per fare le curve.

Il realismo, che nostalgia. In un film poliziesco moderno e credibile come vorrebbe essere questo, ossia come li ama fare Nolan, è credibile che non ci sia una perquisizione che sia una? Sia da parte dei buoni (la polizia si fa fregare in tutti i modi); sia da parte dei grigi (i megapotenti orientali che si fanno fregare come polli da un cellulare doppio); sia da parte dei cattivissimi (i mafiosi del Bronx & Est europeo - ? - che si fanno giocare dal Joker almeno due volte: le bombe a mano introdotte dentro la giacca a un summit della Mafia mondiale - ! - e il finto cadavere nel sacco che mette nel sacco uno dei Mafia-gangsta rapper - ? – più stupidi che abbia mai visto). Una sola perquisizione, anche casuale e sommaria, in un qualsiasi punto dell’interminabile script avrebbe disintegrato la trama; ciò è valido in più punti.

Tutti sono corrotti e svenduti e dio sa cosa, e sono tutti d’accordo nel non perquisire/controllare/anticipare il Male Puro e Diabolico. OK. Però questa cosa diventa con il tempo una scusa: il tappeto sotto cui spazzare tutte le incongruenze.

Molti buchi nella sceneggiatura ed è una cosa che mi sorprende, davvero! A quella festa per il “finanziamento Dent” come ci arriva l’Oscuro Bats non notato, in mezzo a trecento persone e decine di sgherri del Joker? Faceva schifo farlo “volare” dentro a sorpresa spaccando la solita finestra, cliché certo, ma non un cliché scemo visto che l’intimidazione è nel personaggio; e se no magari la gente potrebbe fare due più due nel vedere Bats che gira tranquillo nell’attico Wayne?

Come si salvano Batman-senza-i-poteri-di-Spider-Man e la tenera Rachel, abbracciati, cadendo da piani su piani? Bats che “salva” Rachel e non torna su dai trecento cittadini minacciati da un folle incontrollabile, un pazzo assassino che sarebbe in teoria lì solo per cercare Dent, che se ne frega del duo di innamorati e stava torturando un vecchio per arrivare alla sua informazione?

Che fine fa il Joker e quell’intera sequenza? Serviva solo per far fare l’unica scena eroica alla poverissima Rachel?

Come fa Gordon a improvvisare in due secondi la sua morte fittizia? Che fine fa il suo “cadavere”? Perché nessuno si pone il problema di presentare un cadavere a famiglia e città? Perché piazzano un poliziotto in cella a guardia di uno psicopatico scatenato, invece di rinchiudere tale psico-rabbioso al sicuro in isolamento? Come scappa il Joker? Come è sfuggita ai carcerieri davvero svegli la (terribile!) bomba cucita sullo stomaco di un incarcerato? Come fa l’ottimo Commissario a non capire che Wayne non è Batman, quando tale miliardario “casualmente” si schianta, salva e poi minaccia il suo stesso impiegato wayniano che stava per dire da secoli in diretta mondiale chi era Batman? Perché se un folle maledetto dice che distruggerà la città e minerà ponti e strade, invece di molto umanamente rinchiudersi in casa tipo struzzo... si scappa ovviamente in nave? Perché nessuno pensa a buttarsi in acqua per fuggire dalle due navi minate? Sono rassegnati? E allora perché scappano in nave? E perché nessuno pensa che magari è meglio non fidarsi di questo pazzoide e che il detonatore che si ha in mano è destinato alla carica nella propria nave? Ecc.

Non c’è mai un elemento che metta in dubbio logico i vari assunti marmorei della sceneggiatura. La gente del film non si comporta istintivamente... eccetto colui che dovrebbe essere meno istintivo di tutti. Batman. Ma ci torneremo.

 

4. UN PROFESSORE LICEALE DI FILOSOFIA, MATTO

 

Il Joker è OK, mi piace com’è bestiale e menefreghista, spietato. Cattivo e improvvisatore nella sua cattiveria sfrenata. Gratuito. Ma essendo per gran parte del film un improvvisatore (con una fortuna della madonna) non è assolutamente il cervello dei fumetti migliori. Quando accenna alle sue “origini”, sempre diverse e tutte folli e inventate, mi piace; ma quando fa la predica dall’altare dell’Ateneo dei Poveri e organizza lezioni universitarie di Filosofia storica con in tasca il diploma di un liceotto americano (e la fa spesso e a tutti, da Bats ai mafiosi al piantone fesso a Dent), mi diventa insopportabile. Parla, parla, parla. Quando rimane deluso per i celestiali santi stimmatizzati delle due (assurde) navi paradisiache che gli rovinano i piani satanici di corruzione dell’umanità, ma poi parte per bruciarli nell’inferno lo stesso, lì ho tifato a squarciagola; ma quando mi si lancia nelle sue ardite metafore dantesche su “tu sei come me e siamo brutti come Lucifero e allora vinco io che lo so e che sono il tuo Virgilio e tu no che sei l’innamorato deluso dell’avvocato Beatrice Dawes, tié, amen” - ebbene, tiro la catena.

Cosa vuol dire, a livello di logica corrente, che “l’attentato di un camion di poliziotti distrutto, alla gente non fa né caldo né freddo, ma un sindaco ammazzato annunciato getta la gente nel panico”? Ho capito male io? Una delle tante cose, evidentemente. Basta questo a terrorizzare una metropoli e farla assolutamente impazzire? Non servirebbe forse qualcosina di più impegnativo... che so, un aereo tirato dritto in un grattacielo a sorpresa? Questo Joker vola basso, mi pare.

Inciso: mi viene in mente adesso una delle più tremende trovate da serie Z del cinema trash qua ripresa dal raffinato (?) Nolan: l’accorato reduce che comincia a fare la parabola rivelatrice sulla Verità dell’Umanità, tratta e ispirata dalla sua autobiografica vita militare americana così spietata e disumana, di solito in Vietnam. Qua, lo fa Pennyworth Alfred, compassato maggiordomo britannico e teatrante da salotto… non credevo alle mie orecchie, mentre mi sganasciavo a pensare Alfred in mimetica e coltellaccio nella giungla, che s'imparava a memoria, scolpita su carne e sangue, la parabola dei diamanti e del napalm in Tanganica, o era Gabon? Tasmania?! Robert Rodriguez aveva reso infilmabile la sequenza in un film serio dopo averla magnificamente smontata in “Dal tramonto all’alba”. Chiuso l’inciso.

 

5. UN VENDICATORE CON IL MALOCCHIO

 

Aaron Eckhart/Harvey Dent mi è piaciucchiato, anche se più volte è di un’antipatia rara. Sarebbe un ottimo Capitan America. Eh.

Due Facce nasce in modo poco spettacolare, troppo sbrigativo e poco credibile; e viene criminalmente sprecato in quattro e quattr’otto in venti minuti. Si insiste troppo sulla moneta: bastava farla vedere due volte; invece no, vai di elefante e falla vedere centinaia di volte, lì che svolazza. Inaccettabile quando risparmia il boss di Eric Roberts (espressivo come un blocco di marmo di Carrara; rimembro Tom Wilkinson tre anni prima in “Batman Begins”...) e poi condanna, a suo parere in modo ineluttabile, sia l’autista che il mafioso, causando un incidentuccolo e tirandosi la cinta di sicurezza per salvarsi. Quando sbuca improvvisamente con la giacca “doppia” che al buio e così in velocità mi è parsa con cucita sulla metà “cattiva” le perline e i lustrini tipo “Batman Forever” ho riso – mi è stato spiegato dopo che forse avrebbe potuto essere una giacca bruciata a metà, visto quanto gli era capitato. Ora, a parte che questo concetto gestito così sciattamente mi fa ridere lo stesso (butto lì una scena in cui l’ex-Dent si sceglie una giacca da procuratore fighetto e ne brucia metà in un falò rituale in diretta!), 1) è una delle miriadi di cose che non ho capito alla prima visione e che hanno necessitato di un confronto esplicativo tipo dibattito a più voci alla fine del film; 2) non c’entra nulla con l’impianto seriamente realistico di Nolan fin da “Batman Begins”. Del resto, la giacca doppia è fuori tema come la stessa ferita CGI facciale, con quell’occhio rotante alla Malocchio Moody. In questo contesto sarebbe stato a mio modo di vedere perfetto, che so, uno sfregio superficiale tipo l’innovativo trucco del Joker di Ledger: cicatrizzato, slabbrato, sporco, tirato via, perché la vera ferita è dentro di lui, non superficiale. Si passa, invece, dall’originale, mai visto prima “realismo romanzato” alla Nolan dello Spaventapasseri con il tubo del gas infilato nel mascherone & Ra’s al Ghul terrorista nazi-SS carismatico & Joker sfregiato struccato, all’inverosimile “magia” dell’occhio esorbitato, direttamente dai fumetti più Fanta-Pulp, che ruota dentro il nulla, senza muscoli o palpebre che lo permettano. Un già visto e, qua, orrendo… in senso poetico.

In ogni caso il Due Facce migliore alternava cattiveria vendicativa/ossessiva/apocalittica tipo “Se7en” a purezza idealistica da vero poliziotto onesto alla Serpico: entrambe prese di posizione nette che lo rendevano imprevedibile. Qua diventa un banale sociopatico granitico, idrofobo, univoco, modesto nell’obiettivo e molto, molto prevedibile. Mi interessa poco.

Bonus. Altra cosetta che ho capito dopo il film, ripensandoci, perché quando si è sentita in sala le mie risate involontarie si sono sprecate e poi ci sono passato sopra, frastornato dalle altre 153 cose che succedevano in contemporanea: “Tu, Gordon! Come mi chiamavano all’Accademia?” – “Due Facce”. Poi, molto dopo si capisce che il collegamento è alla fottuta moneta che vola trecento volte e solo una volta si vede che ha due teste, senza croce, perché per l’appunto nell’esperienza di Dent la parola fortuna non esiste ecc. Intanto, scena potenzialmente valida buttata lì e non chiarita, triturata dal montaggio forsennato - una delle tante. Inoltre, è un collegamento didascalico al nome del villain sotto copyright, da doversi citare per contratto DC/Warner; che io sento non necessario per un tale personaggio, qui senza autocoscienza simbolica a differenza del Joker o dello Spaventapasseri, e in un tale film, che intende essere plausibile. Insomma, altra forzatura.

 

6. IL DIBATTITO: COERENZA E CHIAREZZA, QUESTE SCONOSCIUTE

 

Mi è servito davvero un dibattito finale in gruppo, che tra l’altro continua, per tentare di ricostruire i tanti punti enigmatici della visione, paragonando le differenti interpretazioni nel post-film. Un film girato con la parola d’ordine: rendiamo il tutto più oscuro che mai, del resto così staremo a tema col titolo! Roba tipo il casino da macello del combattimento finale di “Transformers”, ma qua Nolan rende poco chiaro mica solo uno scontro fisico di venti minuti, ma proprio tutto lo svolgersi delle due ore e mezza della pellicola.

Esempio, tra i tantissimi: qualcuno ha capito subito e bene la storia del doppio nascondiglio jokeriano di Dent e Rachel? Beati voi, io no. Ancora adesso ho forti dubbi. Batman dice chiaramente che va a salvare l’amata Rachel (?) lasciando lo stimato Dent all’intervento salvagente della “sicura” polizia gothamita (?); ma ho capito dopo, nel piazzale del cinema di fronte al poster cinematografico, a mezzanotte suonata, che il Joker ha invertito i due indirizzi per fregare Bats, il quale da super-intelligentone ci casca con tutti i Bat-stivali, come il primo fesso della strada che si va a fidare ciecamente di questo Joker evidentemente maniaco, bugiardo e masochista. Trovo in seguito telefonato che Bats con la Bat-moto arrivi in tempo (ma sei fesso tu Joker a dirglielo, allora!) e i poliziotti, che si comportano da cretini come al solito, arrivino naturalmente giusto per assistere all’esplosione. Si può rispondere: ma il Joker ha cervelloticamente preparato tutto, sapeva che la polizia avrebbe trovato traffico, sapeva che Bats sarebbe arrivato prima e se avesse salvato lui e non lei avrebbe perso lei, la speranza per la sua vita personale futura, e se avesse salvato lei e non lui avrebbe perso lui, la speranza per la sua vita cittadina presente... Ah beh, nel film tutto ciò è trattato con rara sintesi esplicativa, eh. Così rara che è proprio mancante.

Inoltre. Scelta degli sceneggiatori, questa, che non digerisco per nulla: il mio Batman, forse anche il Batman del primo Nolan, avrebbe, con disumana e avvincente coerenza, sacrificato dolorosamente Rachel (ossia la sua vita amorosa; tanto lui sacrifica per scelta già l’intera sua vita in favore di Gotham, per l’ideale, ed è questo che lo rende eroe!) per andare a salvare Dent. Se davvero credeva in Dent come speranza della sua città. Cosa che difatti ci smenano per ore e ore in tutte le salse. Invece questo Bat-fallito straparla tanto che Dent è la Speranza della Città, e poi parte in quinta fregandosene di lui per salvare il suo amorazzo, dritto e freddo come un treno sulle rotaie dello script. Fidandosi pure di chi è evidentemente inaffidabile e quindi sbagliando tutto e di più. Contraddizione e/o personaggio sballato. O comunque roba da riderci su.

Il messaggio sarebbe che questo qua è un nuovo Batman, che predica bene ma razzola umanamente male? E allora rendilo non solo un’interessante idea ma una fantastica realizzazione, facendogli pagare il suo razzolare male in quanto eroe/protagonista difettoso e in crescita. È ancora lì che cresce, dopo “Batman Begins”. Già a metà film, in questa prima situazione di estrema crisi con il Joker (prima della morte di Rachel, attenzione!), l’unico sbocco per il fu-Bats sarebbe abbandonare subito e dolorosamente il Bat-mantello, del quale il signor Wayne non è più degno; e via con una valida e coerente sequenza di rinuncia-esilio-ritorno in pompa magna, ecc. Nulla: così, senza pagare chiaramente lo scotto per le sue mancanze morali e caratteriali, il protagonista non è più un eroe Noir ma semplicemente un fallito, o nel peggiore dei casi un idiota. Viva il Joker che se lo rivolta come un calzino, che volete che vi dica.

 

7. EROE VERO, EROINA MANCATA, EROE FINTO

 

Jim Gordon è ottimo, il migliore in campo, l’unico eroe del film.

Anche se la sua morte/resurrezione è perfettamente inutile per la trama (bastava un qualsiasi poliziotto nascosto per puntare il fucile alla nuca del Joker distratto) e inverosimile nella resa; e il suo fastidioso finalone incensorio del Batman come Sua Maestà San Cav. Osc. è un’aggiunta didascalica, un orpello retorico pur mostrato da una bella cine-atmosfera. Magari sarebbe stata potenziata da un primo piano finalmente sofferente di Christian “Sasso” Bale, ma tant’è. Il regista Nolan infine ci tratta come Gordon tratta il suo figlioletto sconvolto: spiegandoci per filo e per segno tutto quanto succede. Mentre il grande Batman, invece di sparare un rampino e volarsene via con eleganza tarzanide, si mette a correre tra le macerie con lo scomodo mantellone che svolazza.

La Rachel Dawes della Maggie Gyllenhaal non è proprio basilare; sarebbe anche importante seppur solamente strutturale al solo triangolo amoroso; ma risulta bruttona, sexy come una zucca, scialba e indigeribile. Molto ma molto meglio addirittura la Katie Cruise-Holmes in “Batman Begins”; sarà quella là un’attrice mediocre e con le faccette, ma tre anni prima il suo personaggio era una tenera roccia indimenticabile, salda moralmente, il cuore del film, la maestra di Legge e Giustizia di Bruce/Bats, pronto anche a punirlo e schiaffeggiarlo se il viziatello era lento di comprendonio. E alla fine ella gli elargiva l’ultima suprema lezione su se stesso e lo mollava in bianco, perché giustamente lui non è più Bruce Wayne, è solo Batman. Bruce Wayne è morto a nove anni coi suoi genitori. Tutte cose geniali e perfette che in questo film sequel diventano semplicemente introvabili. Qua Rachelotta è la segretaria sorridente e racchia che fa le fotocopie e l’interrogatorio (ridicolo quello all’orientale!) avanti e indietro per conto di Dent. E che la mostra e la nasconde ai due cristoni che, non si sa come, le muoiono dietro.

Bruce Wayne mi è piaciucchiato. Non tanto nei suoi ragionamenti interessanti ma accennati e senza sbocco concreto, da poetastro strafatto e Maudit, quanto nella pura azione. Fino a tre quarti. Quando poi costringe il povero Alfred a fare il Batman della situazione è semplicemente patetico.

Il supereroe/Batman/Cavaliere Oscuro del Nolan 2008 è invece un personaggio dall’ideazione davvero coraggiosa, un’estremizzazione autorialmente distruttiva del concetto classico del giustiziere-vigilante; ma risulta in ultima analisi approssimativo, sfigato, lagnoso. E non è Batman.

 

8. LA COSA CHE PERSONALMENTE MI FERISCE DI PIÙ

 

Questo non è né il Bats dei fumetti, né il Bats di “Batman Begins”. Batman in questo sequel non avanza, non si evolve, ma fa un bel passo indietro, in caduta libera. Tutta la tecnica/strategia della Paura del primo film (filologicamente esatta, perfetta nel film e ben reinterpretata dall’autore) qua è andata a farsi benedire: Batman non fa paura a nessuno! Eccetto il suo ottimo esordio nei primi dieci minuti di film. Si riduce a essere per tre ore solo un picchiatore col martello da fabbro, continuando a essere un inetto come investigatore/genio - brutta e inesplicabile la lunga sequenza dei proiettili nel Bat-parcheggio della Pam: mi sono servite spiegazioni di ore con schemi sulla lavagna luminosa. Come fa questo Joker sfrenato e istintivo, un poveraccio della strategia del crimine che usa i malati dell’ospedale (!) come tirapiedi travestiti (!) per fregare i soliti 400 detective più fessi che mai, a essere così imprendibile per il supereroe!? Il vero Batman del fumetto l’avrebbe rintracciato in pochi minuti.

Ma in generale i migliori Batman e Joker inscenavano uno scontro di menti tra Semidei che in “Batman Begins” c’era (tra Bale/Bats e Liam Neeson/Ra’s al Ghul) e in questo film, solo muscolare, è sparito. Qua nell’angolo rosso c’è un Joker che fa filosofia spicciola al telefono (ossia, telefonata) e già sentita in terza media, pure lui mica tanto cristallino e un pochetto sbrigativo nei ragionamenti - carissimo, l’Anarchia è cosa seria, mica solo bruciare i risparmi della mafia minacciando col coltellino un mafioso che più che un mafioso è un malvivente da roulotte bulgara. E nell’angolo blu un Batman che sta a occhi sbarrati e intontito ad ascoltare i vaganti vaneggiamenti di uno che si sbaffa il rossetto.

Batman si fa ipnotizzare da un disperato, lui!, che resta lì con poche idee e quelle poche pure confuse. Batman. Uno dei personaggi di Fiction più incrollabili e inamovibili della storia, tra i più motivati e concentrati; che, senza quell’essere incrollabile e inamovibile, quel focus sofferto e inciso nella mente col laser, sarebbe uno qualsiasi. Appunto.

Tutto il finale è insopportabile, per me che amo un Batman con il suo codice etico che lo distingue dal crimine che combatte per scelta, e al quale codice si aggrappa disperatamente - unica sua regola, anzi La Regola: non uccidere. Alla fine ammazza Dent (perché sullo schermo ciò che si vede è che l’ammazza, e punto e basta!); e vabbé se l’idea è portare alle estreme conseguenze la scelta di “Batman Begins” e, così, devastare il personaggio. Devastarlo, eh. Ma tale devastato personaggio poi dovrebbe, anzi deve mostrare molto più che un minimo di un barlume di senso di colpa o di depressione post-fallimento. Deve andare in netta crisi neurale, spaccarsi la testa demente su un muro, mettersi in serissima discussione costruttiva. Perché è un eroe. Il fratello di sangue Superman in un fumetto capolavoro era costretto a scegliere di distruggere vite per salvare un universo: ebbene, andava via di testa in depressione letale e quasi suicidio, pianti e urla e compagnia bella. Quelle sono belle storie. Così si sfruttano questi personaggi-iceberg.

Non sia mai! Che è, noi che si fa un discorso profondo coi fumettazzi di Bat-coso?

Ma va’! No no, via con la tiritera del Vate Gordon che deve assolutamente spiegare nel dettaglio, a figlioletto e pubblico, che il Pipistrello è un eroe che si sacrifica e si assume cristologicamente colpe non sue, ma non è un eroe perché sarà sempre dannato e legalmente punito ecc. Da un lato l’ennesima spiegazione tiritera di che sta succedendo (senza farlo capire dalle immagini), dall’altro la melassa, dall’altro ancora la mancanza di approfondimento cinematografico di ciò che così rimane un’intuizione. Questi Gordon e Bats, mica due qualunque, si parlano addosso, si smelassano e sono superficiali.

E oltre tutto, il finale è senza senso: ma come, gli eroi lottano duramente per ore per riportare alla tranquillità una città terrorizzata, e poi come la smollano? Con un Batman serial killer in libertà! Se fossi un gothamita me ne fregherei altamente del “simbolo di speranza”: il sacrificato Harvey Dent (firmato Bats, con relativo ritratto benedicente), e morirei di paura per il super/uber-villain maniaco e pluriomicida di donne e poliziotti, traditore della fiducia della polizia e della cittadinanza, a piede libero con la bava alla bocca in cerca di vendetta senza più freni, ultrapotente che anche quell’altro Joker di prima gli fa un baffo! Il Batman dovrebbe gettare la paura nel cuore dei criminali; ora invece la getta nel cuore di tutti, belli e brutti, santi e diavoli, preti e borseggiatori. Complimenti per la pensata, Bruce: Gotham è ora al sicuro e piena di speranza – sì, in un bunker antiatomico.

 

9. IL VIGILANTE INNAMORATO

 

Discutendo e pensandoci su, sono giunto a una conclusione per me assurda: Nolan ha voluto fare un film d’amore.

Tesi che a mio parere il regista vuole dimostrare in “The Dark Knight”: l’effetto che fa il Caos sulle persone è farle scappare aggrappandosi disperatamente a ciò cui tengono di più: l’Amore. Corollario: l’Amore, per lo stesso regista, rende le persone deboli, incapaci di porsi fermamente contro il Caos e il Male che il Caos genera.

Dimostrazione. Giunge a Gotham City (che qui è Chicago, quindi mondo reale: siamo già fuori tema visto l’Universo fortemente idealizzato della DC) il Joker, motore assoluto dell’intero film, suo cuore e suo significato ultimo. È il Caos incarnato. Egli è la minaccia per tutto e tutti, come un tifone che dove casualmente passa non fa differenze e disintegra senza rimorso o calcolo. Bello eh. Risultato? La minaccia caotica, assoluta, investe noi e chi ci sta più a cuore. Quindi il Batman nolaniano, innamorato come un sedicenne della ragazza che ti manda i bigliettini in classe, esce di testa va in crisi netta.

Prima conseguenza: Wayne ne approfitta per criticare definitivamente questa sua scomoda figura di vigilante mascherato (cosa che secondo me Nolan non vedeva l’ora di fare). Ma, guarda un po’, la pecora nera dei Wayne dimentica subito lo stetoscopio del buon padre e auto-critica il Bat-frutto della sua stessa fatica, a un livello puramente egoistico e non altruistico.

Seconda conseguenza: Wayne si mette subito in testa nebulosi vagheggiamenti romanticoidi su un futuro rosa con l’amore portato in salvo, tramite elicottero miliardario, nella famosa isola deserta.

Terza conseguenza: Bats parte lancia in resta passando sopra tutto e tutti (prendendo a cannonate le macchine parcheggiate e sfiorando i due ragazzini nell’auto più in là!) per prendersi l’amorazzo, salvarlo dal tifone e caricarlo al sicuro sull’elicottero, dimenticando comodamente missione, città, idee; ossia ciò che è la vera complicazione della vita. Insomma, Batman scappa. L’un tempo moralissimo Batman, per un amoretto vissuto da teenager, usa il suo grande “potere” e tortura i cattivi, che diventano ora delle vere vittime: spezza le loro gambe “sperando” di non spezzar loro pure l’osso del collo. Insomma, Batman non è più Batman.

OK, idea interessante: ci vorrebbe dimostrare che il Caos usa l’Amore per corrompere anche il più incorruttibile.

Con che cosa paga il personaggio la sua corruzione? Una lacrima, un dubbio, un senso di colpa? No. Lo stesso George Lucas aveva mostrato le lacrime della crisi del suo eroe caduto, nel terminale “Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith” (2005, contemporaneo a “Batman Begins”), approfondendo quell’oscuro Anakin “Caduto-Per-Amore” Skywalker in sequenze emotivamente e psicologicamente maiuscole, indimenticabili.

Ma soprattutto, la corruzione del Vigilante col Mantello per cosa avviene? Per un amore, tra l’altro nemmeno maturo, adulto, ma vissuto in modo ragazzesco. Quell’Anakin di tre anni prima era il marito della sua amata, padre dei suoi figli; ragionava e si comportava da uomo fatto. Questo Batman è confusamente innamorato di una propria, egoistica fantasticheria. Ci posso credere e ci credo per Anakin Skywalker, che programmaticamente era stato creato così ed è stato poi trattato da adulto; ma Batman teenager innamoratello tipo rivista in bagno no, eh. Non c’entra nulla col personaggio che io conosco, che in primis non ha niente a che fare con le fiamme/girlfriend/compagne/fidanzate/mogli: questo mio Batman deve amare solo la sua missione, per poterla compiere con totale energia e tale carisma. Mi si risponderà: lo diventerà alla fine, dopo la morte di Rachel. Ah beh. Di quante morti ha bisogno questo Wayne per capire la lezione, tirar fuori le palle, crescere e diventare Batman? Nel fumetto gli servono solo due morti…

L’amore potrebbe c’entrare con un altro personaggio, allora: il protagonista di “Batman Begins”, che alla fine della vicenda d’esordio capiva cosa aveva voluto diventare proprio dalle di lei parole, allora splendidamente nette: con indosso la maschera nera, Bruce/Bale aveva voluto rinunciare al suo confuso amorazzo dell’infanzia per la Missione. Tale ragazza però gli dava speranza “quando Gotham non avrebbe più avuto bisogno di Batman”. Frase che interpretai a suo tempo in elegante senso metaforico, per dire “mai: rimarremo buoni amici”; ma che evidentemente per il romanticone Nolan è concretissima. Ammetto che ci può stare, però se il talentuoso Nolan mi ha allora creato una Bat-saga moderna su questo concetto, sulla romance pseudo-sentimentale di un adulto bamboccione, m’arrabbio. Non incontra le mie straordinarie attese sullo straordinario personaggio.

Insomma, in due righe così mi capisco meglio: un certo Batman 2008 è preoccupato del suo amorino Rachel, perde la testa e crolla senza subirne e pagarne le conseguenze. Riletta così, non credo ai miei occhi. Nolan: almeno assumi quella fighetta di Meg Ryan invece della racchiona Gyllenhaal!

 

10. SIMBOLISMI MICA DA POCO, SCENEGGIATURA DA POCO

 

Il film è di certo molto pensato e stratificato... ma in ultima analisi raggiunge conclusioni che ho trovato assolutamente sbrigative, se non addirittura banali.

Mi viene da isolare tre tematiche-base del film, simboleggiate dai protagonisti: Caos (il Joker) contro Ordine (Batman); Civiltà (Gotham City) contro Anarchia (ancora il Joker); Giustizia (Bats & Gordon) contro Vendetta (Due Facce). Voglio dire, tre tematiche enormi, complesse, difficili, tra le principali dell’Arte umana da sempre! Si riempie un film anche con solo una di queste, se gestite bene come meritano; e qua il materiale c’era, in partenza (personaggi, storie) e nello sviluppo visivo e attoriale - parlo degli attoroni Bale, Heath Ledger e Gary Oldman e della loro magnifica resa filmica. Invece, la trattazione è elefantiaca e, forse, banale: le prime due tematiche vengono tragicamente confuse e annacquate in un’infinità di sequenze parallele e secondarie, affastellate senza ritegno, con l’apice artificioso nell’artificiosissima, grossolana scena della doppia nave; la terza tematica viene, ancora peggio, buttata lì in un finale che trovo a dir poco sprecato. E in più, in questo film pachidermico ci sono tantissime altre mega-tematiche, tutte scaraventate nel minestrone secondo me semplicemente per fare la figata concettuale del kolossal intellettualoide radical-chic: Giustizia “solare” (Dent) contro Giustizia “oscura” (Batman), Corruzione (Mafia, Due Facce) contro Incorruttibilità (Dent, Gordon), Deviazione (Due Facce, Joker) contro Purezza (famiglia Gordon, Rachel), Dovere Pubblico (Rachel) contro Diritto Privato (Bruce), Verità contro Menzogna (Gordon/Batman e Alfred/Bruce), il Sacrificio Consapevole (Batman), il triangolo amoroso… e avanti Savoia, mettiamone altre quattro o cinque che se no ci dicono poi che siamo la superficiale Hollywood dei botti e delle scopate! Risultato: troppa roba per un film solo. Si procede per accumulo, dando diversi ruoli a tavolino a ciascun pedone; chi ha meno ruoli metaforici è proprio Gordon, guarda caso il più simpatico e riuscito.

Questo, invece di scegliere cosa fare, beccare un tema e svilupparlo con la sacra sintesi; volando basso e umile come Nolan aveva fatto mirabilmente in “Batman Begins”. Scegliendo allora solo Giustizia contro Vendetta e trovando, nell’essere solido e secco, la quadratura del cerchio tra spettacolo e riflessione. Pur già là con qualche errore e contraddizione (esempi: scene di duello confuse, trovate troppo comode e furbe come il “vaporizzatore d’acqua”, Bats che vuole fare giustizia etica ma poi uccide - o “lascia morire” Ra’s, Bats che inventa un ordine sociale ma non è un genio, Bats che si erge come titano ma è poco lucido) che sparivano però nella magnificenza diretta, senza fronzoli della prima Bat-opera di Nolan. Ma che qua, nell’incertezza della seconda Bat-opera, sono evidenti e non considero più casuali.

 

11. “IO SONO BATMAN!”

 

Nella saga originale (anche nello straordinario “Batman Begins”) il vecchio Alfred è sempre stato il controcanto ironico/sarcastico e normalizzante dell’inumano, anormale idealista Bruce Wayne. L’inglesissimo maggiordomo Pennyworth odiava il supereroe Batman e provava un preoccupato affetto per l’uomo Bruce; l’Alfred vero si voleva convincere a tutti i costi (“l’addestramento è nulla, la volontà è tutto!” - Ra’s al Ghul al Batman in fieri del 2005) che il suo figlioccio non fosse davvero “morto” con i suoi genitori, come in realtà purtroppo è. In questo film invece l’anziano british Alfred è l’unico, l’unico che ragiona da Batman. È lui il Batman! L’ottimo Sir Michael Caine, col suo metro e novanta che nanifica il fu ottimo Bat-Bale, si comporta da Batman per tutto il film, fino alla fine, ed è il vero Batman del Chris Nolan 2008. Il quale, ma bravo!, relega tale immane figura archetipica e romanzesca, che in fondo mi pare non ami tanto, nel corpo di un vecchio di contorno; e concentra l’attenzione su un inedito figo protagonista sfigato, senza certezze e senza volontà (l’ha lasciata in Tibet con Liam Neeson), che indossa il mantello e la maschera a causa della sua mente confusa, pronto a farsela sotto appena il cattivaccio filosofo da Bignami, ovviamente e prevedibilmente, minaccia il suo vero… amore.

Visto il suo successo, settantennale dai tempi di Bob Kane & Bill Finger ’39 ed epocale di precisi capolavori a fumetti come quelli anni ’80 di Frank Miller, non credo di essere un solitario visionario se dico che il Batman che io amo è un personaggio che vuole essere infallibile - che poi lo sia, è un altro paio di maniche: dipende dall’impresa e dall’avversario, ovvio. Un personaggio che vuole distinguersi da ciò che combatte imponendosi un infrangibile codice etico, una rigida disciplina e una dura autocritica - che gli fanno anche da potente scudo psicologico. Un personaggio che vuole essere sovrumano - che poi lo sia davvero, certamente no: è un uomo. Un personaggio che vuole essere onnisciente, super-sherlockholmesiano e over-einsteiniano - che poi un mortale come lui ascenda nel concreto a questo status semidivino, sta nella bravura degli autori che lo scrivono.

“Volontà” è quindi il concetto chiave, che rende questa incredibile figura un puro simbolo del massimo che un uomo può fare per diventare un dio (proprio come il gemello Superman è una figura puramente simbolica del massimo che un dio può fare per diventare un uomo). La volontà di Bat-Wayne ha un prezzo terribile: la sua stessa vita; e, se questa volontà viene meno, ciò deve necessariamente comportare conseguenze terribili. Ecco: se ci fai un film su, questi stilemi base devi rispettarli e possibilmente svilupparli. Io, d’altro canto, non ho mai pensato che questo sia facile da trasportare dal fumetto al cinema; ma in effetti l’avevo visto molto ben accennato in “Batman Begins” (begins, ossia “inizia”: il solo accenno ci sta tutto).

 

EPILOGO. IL TITOLO DEL FILM

 

Invece, con questo sequel, ci ritroviamo…

1. Un “Batman Goes On Beginning” (più o meno “Batman continua a iniziare”), o un “Batman, While Still Beginning, Fails” (all’incirca “Batman che, ancora lì che inizia, fallisce”). Il che a me non interessa, perché voglio al cinema da troppo tempo un’altra cosa: il personaggio che amo. Quello maturo e padrone del suo destino, come dovrebbe essere un eroe nel pieno della sua avventura vitale. Che non “inizia” più (come in “Batman: Year One” di Miller), ma “continua” (come in “The Killing Joke” di Moore; o anche la saga degli OMAC & Brother Eye nel cross-over “Crisi infinita”) e magari “finisce” (come in “The Dark Knight Returns” di Miller).

2. Un film che punta altissimo, volendo rivoluzionare, destrutturare e distruggere concetti base del Genere e del suo alfiere più celebrato (la volontà che rende un uomo “super”); ma lo fa male. Con falle logiche, sviluppo confuso e superficialità drammaturgico-filosofica. Peccato.

Qualcuno ha detto a Christopher Nolan che il vero, unico capolavoro che sbriciola la struttura del Supereroismo classico, tale “Watchmen”, è una storia a strisce sofferta, chirurgica ed evocativa firmata dall’evidentemente più celestiale Alan Moore; e che sul grande schermo la sta già portando, con fedelissima umiltà, l’evidentemente molto più terra terra Zack Snyder?

 

POST SCRIPTUM

 

Lo rivisto con piacere più volte, questo “Martelliere Osduro” (una roba tipo “The Hard Hammer”). In effetti, grazie a dio non è certo una cagata pazzesca come “Spider-Man 3”.

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